• Non è solo luce e gas, è l'energia di casa tua.
  • Un museo. Quattro Sedi. IntesaSanPaolo
  • La piattaforma di wealth planning
  • Italpress Agenzia di stampa

Stati Uniti 2026, l’economia corre ma scricchiola: dazi, debito e lavoro mettono alla prova il mito americano

 
Stati Uniti 2026, l’economia corre ma scricchiola: dazi, debito e lavoro mettono alla prova il mito americano
di Luca Lippi
 Il panorama economico degli Stati Uniti si presenta oggi come un mosaico di contrasti, dove i grandi annunci trionfali si scontrano con una realtà quotidiana più complessa. Recentemente, il superamento temporaneo dello "shutdown" - il blocco delle attività pubbliche che minacciava di paralizzare il Paese - ha concesso un sospiro di sollievo, spostando la scadenza del bilancio alla fine di gennaio. Questo rinvio ha permesso all'amministrazione Trump di focalizzare l'attenzione pubblica sui dati macroeconomici, rimasti a lungo congelati proprio a causa della chiusura degli uffici statistici. I numeri emersi dipingono un quadro di crescita vigorosa, ma aprono anche una riflessione profonda sulla reale tenuta del sistema nel lungo periodo.

IL BALZO DEL PIL E LA SFIDA DEI MERITI

Il dato che ha scatenato l'entusiasmo della Casa Bianca riguarda la crescita del terzo trimestre, che ha segnato un incremento del 4,3 per cento, superando di gran lunga le previsioni degli analisti. Il Presidente ha immediatamente attribuito questo successo alla sua politica di dazi e protezionismo, parlando apertamente di una nuova "età dell’oro". Tuttavia, un’analisi più distaccata suggerisce una lettura meno enfatica. Se si osserva l’intero anno, la crescita media si attesta intorno al 2,5 per cento, un valore quasi identico a quello registrato l’anno precedente sotto l’amministrazione Biden.

Questo gioco di specchi tra presidenti - con Biden che rivendicava un Paese in salute e Trump che descriveva un'eredità disastrosa - sembra appartenere più alla narrativa politica che alla realtà dei fatti. La verità si colloca nel mezzo: l’economia americana non era in macerie prima, né vive oggi un miracolo senza precedenti. Si tratta piuttosto di una continuità alimentata da fattori diversi, dove l’ottimismo dei consumatori gioca un ruolo centrale, pur essendo accompagnato da un preoccupante aumento del debito privato.

IL PARADOSSO DEL LAVORO E L’INCOGNITA TECNOLOGICA

Nonostante la corsa del PIL, emerge un’anomalia che preoccupa gli osservatori: la crescita economica non sembra più tradursi automaticamente in nuovi posti di lavoro. A fronte di numeri macroeconomici eccellenti, il tasso di disoccupazione è salito ai livelli più alti degli ultimi anni, segno che il boom attuale non è percepito in modo uniforme da tutta la popolazione. A complicare lo scenario contribuisce un’inflazione che fatica a scendere verso l’obiettivo desiderato, restando ancorata poco sotto il 3 per cento. Questa combinazione di prezzi stabili e rallentamento delle assunzioni potrebbe spingere la Federal Reserve a interrompere la stagione dei tagli ai tassi d’interesse, frenando le aspettative di chi sperava in un denaro meno caro nel corso del 2026.

Un altro segnale di cautela arriva dal settore tecnologico. Dopo una fase di investimenti frenetici nell’intelligenza artificiale, i giganti della Silicon Valley sembrano aver premuto il freno. La crescita degli investimenti in questo comparto è scesa drasticamente rispetto ai trimestri precedenti, suggerendo che le grandi aziende stiano diventando più selettive nel distribuire i propri capitali. Questo rallentamento delle "Big Tech" rappresenta una delle prime crepe nel motore che finora aveva trainato i listini e l’innovazione globale.

LA BATTAGLIA LEGALE SUI DAZI E IL FUTURO DEL PROTEZIONISMO

Mentre l'amministrazione esulta per i dati commerciali, una partita fondamentale si sta giocando nelle aule della Corte Suprema. Il nodo del contendere è l’autorità del Presidente di imporre dazi senza il preventivo consenso del Congresso. Trump ha caricato questa decisione di un significato quasi mistico, definendola una questione di sicurezza nazionale, ma la questione è squisitamente politica e giuridica. Se la Corte dovesse porre dei limiti al potere esecutivo, la strategia protezionista americana subirebbe una brusca frenata. Paradossalmente, l'ostacolo più grande potrebbe arrivare proprio da una magistratura di orientamento repubblicano che, pur essendo vicina al Presidente, mantiene una visione economica liberale e tradizionalmente ostile alle barriere doganali.

Nel frattempo, l’aumento delle esportazioni che Trump rivendica con orgoglio sembra essere figlio più della debolezza del dollaro che della reale efficacia dei dazi. Una valuta meno forte rende i prodotti americani più competitivi all'estero, ma comporta un prezzo salato da pagare sul fronte del debito pubblico.

L’OMBRA DEL DEBITO E IL TALLONE D’ACHILLE AMERICANO

Il vero problema strutturale degli Stati Uniti rimane il deficit, che si avvia a chiudere l’anno sopra la soglia critica del 6 per cento. Sia l’attuale amministrazione che la precedente hanno fatto ricorso in modo massiccio alla spesa pubblica per sostenere la crescita, gonfiando un debito che oggi presenta un conto salatissimo sotto forma di interessi. Il sistema si regge su un equilibrio precario: i cittadini americani spendono con entusiasmo ma preferiscono investire in azioni piuttosto che nei titoli di Stato del proprio Paese.

Allo stesso tempo, gli investitori stranieri sono diventati più cauti. Chi ha acquistato debito americano nell'ultimo anno ha subito perdite significative a causa del cambio valutario, e difficilmente accetterà di ripetere l'esperienza senza garanzie maggiori. In definitiva, l'economia statunitense sta correndo veloce, ma lo sta facendo con un serbatoio alimentato a debito e in un contesto di incertezza monetaria. Guardare solo ai dati positivi ignorando queste fragilità significa ignorare i segnali di allarme che il 2026 potrebbe presentare con estrema chiarezza.

CONCLUSIONE

L’economia degli Stati Uniti si trova in una fase di transizione tanto spettacolare quanto incerta. Se da un lato i numeri del Prodotto Interno Lordo offrono il fianco a narrazioni trionfali e slogan politici, dall’altro le crepe strutturali - come il debito pubblico fuori controllo e un mercato del lavoro che non brilla più - invitano alla massima prudenza. La vera sfida per il 2026 non si giocherà solo sui social media o nei proclami della Casa Bianca, ma nelle aule della Corte Suprema e nelle decisioni della Federal Reserve.

Per i risparmiatori e gli osservatori, la lezione è chiara: non bisogna lasciarsi abbagliare da un singolo dato isolato, per quanto positivo possa apparire. La salute di una superpotenza non si misura solo con la velocità della sua crescita, ma con la solidità delle sue fondamenta. Solo una visione d'insieme, capace di distinguere tra la propaganda e i flussi reali di capitale, permetterà di capire se gli Stati Uniti stiano davvero entrando in una nuova età dell’oro o se stiano semplicemente correndo più velocemente su un terreno sempre più fragile. Il nuovo anno sarà il banco di prova definitivo per capire quale delle due visioni sia quella corretta.