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Verso la cura farmacologica della stenosi aortica: la ricerca apre nuove prospettive

 
Verso la cura farmacologica della stenosi aortica: la ricerca apre nuove prospettive
Redazione

Scoperto un composto sperimentale capace di bloccare la progressione della stenosi aortica. Lo studio del Centro Cardiologico Monzino IRCCS inaugura una nuova frontiera terapeutica, confermando il ruolo dell’orologio biologico individuale nel rischio cardiovascolare.

Per la prima volta la stenosi della valvola aortica, una delle malattie cardiovascolari più diffuse e invalidanti nella popolazione anziana, potrebbe essere curata con un farmaco. Una scoperta destinata a rivoluzionare la cardiologia arriva dal Centro Cardiologico Monzino IRCCS, dove un team di ricercatori ha individuato un composto molecolare sperimentale in grado di fermare la progressione della stenosi aortica, aprendo la strada a un trattamento farmacologico non invasivo in alternativa alla chirurgia o alla sostituzione percutanea della valvola.

I risultati dello studio, pubblicati sulla prestigiosa rivista del gruppo Nature Signal Transduction and Targeted Therapy, dimostrano che la degenerazione valvolare può essere prevenuta intervenendo sui meccanismi di senescenza cellulare e invecchiamento biologico.

Una patologia in crescita con l’età

La stenosi aortica colpisce fino a un milione di persone in Italia, in gran parte over 65, e la sua incidenza cresce con l’avanzare dell’età. Si tratta di una patologia degenerativa legata al processo di calcificazione dei lembi valvolari, che con il tempo ne irrigidisce la struttura, ostacolando l’apertura e la chiusura della valvola e il normale flusso di sangue dal cuore all’aorta.

Fino ad oggi, l’unico trattamento disponibile era la sostituzione della valvola con una protesi biologica o meccanica, mediante intervento chirurgico o percutaneo. Tuttavia, non tutti i pazienti – spesso anziani e affetti da altre comorbidità – possono affrontare procedure così invasive. Da qui l’urgenza di trovare una terapia farmacologica che possa rallentare o fermare la malattia in modo sicuro ed efficace.

Dalla ricerca di base alla cura farmacologica

Il gruppo di ricerca guidato dal professor Maurizio Pesce, Responsabile dell’Unità di Ricerca di Ingegneria Tissutale Cardiovascolare del Monzino, ha avviato nel 2018 uno studio mirato a identificare i meccanismi molecolari alla base della calcificazione valvolare.

Gli scienziati hanno scoperto che la calcificazione delle cellule valvolari interstiziali (VICs) è strettamente associata ai processi di senescenza cellulare, indotti da alterazioni epigenetiche: modificazioni che influenzano il DNA senza alterarne la sequenza, ma che determinano un invecchiamento biologico precoce.

A partire da questa evidenza, il team ha testato un farmaco epigenetico sperimentale, denominato SPV106, capace di bloccare la senescenza e la calcificazione nelle cellule valvolari. I risultati sono stati sorprendenti: il composto ha ripristinato la funzionalità delle cellule e riattivato i marcatori epigenetici alterati dall’invecchiamento, preservando così l’integrità strutturale e funzionale della valvola.

Lo studio sperimentale

Come spiega Gloria Garoffolo, ricercatrice del Monzino e prima firma dello studio:

“Abbiamo analizzato cellule di pazienti sottoposti a intervento per stenosi o insufficienza aortica, scegliendo campioni di età comparabile per evitare l’influenza dell’età anagrafica. Le cellule provenienti da valvole stenotiche risultavano più senescenti, quindi più ‘anziane biologicamente’. Analizzando la metilazione del DNA e l’acetilazione delle proteine istoniche H3/H4, abbiamo riscontrato differenze epigenetiche significative che spiegano la maggiore vulnerabilità alla calcificazione.”

Nella seconda fase, i ricercatori hanno somministrato SPV106 in modelli sperimentali in vivo, confermandone la capacità di bloccare il processo di calcificazione e preservare la funzionalità della valvola aortica.

“Siamo molto orgogliosi di questo traguardo – aggiunge Garoffolo – frutto di anni di lavoro. È la prima volta che un farmaco mostra di poter realmente interferire con il processo patologico alla base della stenosi valvolare.”

L’orologio biologico del cuore

Per il professor Maurizio Pesce, questa scoperta segna l’inizio di una nuova era nella medicina personalizzata:

“Ogni individuo ha un proprio orologio biologico, che scandisce la velocità di invecchiamento del cuore indipendentemente dall’età anagrafica. Questo orologio dipende da fattori genetici, ambientali e dallo stile di vita. Poterlo misurare e modulare rappresenta un passo fondamentale verso una cardiologia di precisione, in grado di identificare le persone più a rischio e intervenire precocemente.”

La possibilità di rallentare la senescenza cellulare e bloccare la degenerazione valvolare apre dunque scenari inediti per la prevenzione e la cura di una patologia finora affrontata solo chirurgicamente.

Verso la medicina di precisione

Pesce aggiunge:

“Il prossimo passo sarà individuare farmaci ancora più potenti nel ridurre i marcatori di senescenza della valvola aortica e sviluppare sistemi di rilascio controllato, ad esempio attraverso nanotecnologie. L’obiettivo è tradurre le conoscenze sperimentali in applicazioni cliniche concrete, offrendo ai pazienti anziani cure meno invasive e più personalizzate.”

La scoperta del Monzino dimostra come la ricerca traslazionale, che collega laboratorio e clinica, possa cambiare radicalmente l’approccio a malattie croniche e degenerative.

Monzino, eccellenza italiana nella ricerca cardiovascolare

“Questa ricerca, pubblicata su una delle riviste a più alto impact factor del settore – sottolinea Giulio Pompilio, Direttore Scientifico del Monzino – è un esempio dell’eccellenza scientifica del nostro Istituto. Coniugando clinica, ricerca e tecnologia, stiamo ridefinendo l’approccio alle malattie cardiovascolari più diffuse, aprendo la strada a trattamenti di nuova generazione.”

La stenosi della valvola aortica, patologia ad alto impatto socio-sanitario, potrebbe presto beneficiare di un approccio terapeutico completamente diverso, fondato sulla prevenzione molecolare e sull’invecchiamento biologico controllato.

Il futuro della cardiologia, grazie al Monzino, potrebbe dunque essere scritto non solo in sala operatoria, ma anche nel laboratorio di ricerca, dove la medicina del cuore incontra la scienza dell’epigenetica.