Una corte federale di Washington giudica illegali le tariffe introdotte dall’ex presidente, oltre i poteri concessi dalla legge
La maggior parte dei dazi minacciati e attuati da Donald Trump, e che da mesi atterriscono i partner commerciali degli Stati Uniti, non sarebbero legali in quanto hanno oltrepassato i poteri presidenziali.
È quanto sostiene una corte federale di Washington, secondo cui la legge statunitense «conferisce al presidente un'autorità significativa per intraprendere una serie di azioni in risposta a un'emergenza nazionale dichiarata, ma nessuna di queste azioni include esplicitamente il potere di imporre tariffe, dazi o simili, o il potere di tassare».
La determinazione è stata assunta a maggioranza (7 voti a favore e 4 contrari), inducendo la Casa Bianca ad attaccare i giudici, accusandoli di faziosità politica e costringendo Trump a rivolgersi alla Corte Suprema, che peraltro controlla avendo nominato la maggioranza dei componenti.
Per i giudici di Washington – che hanno specificato che la sentenza non entrerà in vigore prima del 14 ottobre per permettere alla Casa Bianca di adottare contromisure – molte delle forti tariffe di Trump sono “illimitate in termini di portata, importo e durata” e “affermano un'autorità espansiva che va oltre i limiti espliciti” della legge su cui la sua amministrazione si è appoggiata.
“TUTTE LE TARIFFE SONO ANCORA IN VIGORE!” ha scritto Trump sui social, pochi istanti dopo la sentenza, accusando la corte d’appello di pregiudizio politico.
Secondo l’ex presidente, se la decisione venisse confermata “distruggerebbe letteralmente gli Stati Uniti d’America”.
La sentenza ha annullato le tariffe del “giorno della liberazione”, che fissavano un’imposta del 10% su quasi tutti i partner commerciali, e le tariffe “reciproche” contro i Paesi accusati di trattare ingiustamente gli USA.
Trump ha ribadito di avere il diritto di imporre dazi in base all’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA), che in alcune circostanze concede al presidente l’autorità di regolare o vietare le transazioni internazionali durante un’emergenza nazionale. La sua amministrazione aveva motivato le misure citando emergenze come i deficit commerciali, il traffico di fentanyl e l’immigrazione.
Un gruppo di piccole imprese ha però contestato questa interpretazione, sostenendo che i dazi stanno devastando le PMI in tutto il Paese.
Secondo la corte d’appello, “sembra improbabile che il Congresso intendesse, nell’emanare l’IEEPA, concedere al presidente l’autorità illimitata di imporre tariffe”. La legge, infatti, “non menziona le tariffe né sinonimi e non prevede garanzie procedurali che contengano limiti chiari al potere del presidente”.
Alla vigilia della decisione, la Casa Bianca aveva schierato figure di primo piano come Scott Bessent (Tesoro), Howard Lutnick (Commercio) e Marco Rubio (Segretario di Stato), avvertendo che una sentenza contraria sarebbe stata “un pericoloso imbarazzo diplomatico”.
Il portavoce Kush Desai ha ribadito che Trump “ha esercitato legalmente i poteri tariffari concessi dal Congresso per difendere la sicurezza nazionale ed economica” e che “le tariffe del presidente rimangono in vigore”.
Il caso – VOS Selections Inc contro Trump – era già stato esaminato dal Tribunale del Commercio degli Stati Uniti, che aveva stabilito come le tariffe “superino qualsiasi autorità concessa al presidente”, ma sospendendo la decisione in attesa di appello.
Il 31 luglio la corte d’appello federale aveva espresso scetticismo: “L’IEEPA non dice nemmeno ‘tariffe’”, ha osservato uno dei giudici.
Nella sua sentenza finale, la corte ha precisato che esistono “numerosi statuti che delegano chiaramente al presidente il potere di imporre tariffe”, ma l’IEEPA non rientra fra questi.