Dazi record, restrizioni sulle terre rare e tecnologia sotto embargo: la sfida tra Stati Uniti e Cina entra nella fase più dura e ridefinisce gli equilibri globali
Guerra commerciale tra USA e Cina: la nuova fase del conflitto economico
La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina ha raggiunto un nuovo, pericoloso livello.
L'obiettivo degli USA è chiaro: ridurre la dipendenza del mondo dall’economia cinese.
Pechino, dal canto suo, è disposta a tutto pur di vincere, anche a costo di danneggiare la propria economia, che mostra già segni di difficoltà.
La mossa a sorpresa della Cina
Tutto è iniziato con una mossa a sorpresa di Pechino.
Poco prima di finalizzare un accordo commerciale, la Cina ha deciso di usare la sua arma più potente: il controllo delle terre rare e di altre tecnologie cruciali.
Le terre rare sono minerali indispensabili per produrre praticamente ogni dispositivo elettronico, dai telefoni ai computer.
La Cina ne controlla oltre il 90% della raffinazione mondiale.
In poche parole, la Cina ha imposto una regola drastica: qualsiasi azienda, in qualsiasi parte del mondo, che voglia vendere un prodotto contenente anche solo una minuscola parte (0,1%) di materiali cinesi o che utilizzi tecnologia cinese, deve prima chiedere l’autorizzazione a Pechino.
Questa mossa, estesa anche a materiali strategici come il litio, è stata definita da molti analisti “l’equivalente economico di una bomba nucleare”.
L’obiettivo era mettere gli Stati Uniti con le spalle al muro e costringerli a eliminare i dazi del 30% già in vigore sulle merci cinesi.
I negoziatori di Pechino erano convinti che Washington avrebbe ceduto rapidamente, ritenendo che gli americani fossero troppo ansiosi di chiudere un accordo. Ma si sbagliavano di grosso.
La risposta americana: dazi al 130%
La reazione del Presidente Donald Trump è stata immediata e durissima.
In un discorso infuocato, ha definito l'azione cinese “inaudita” e una “vergogna morale”.
La contromisura americana è stata ancora più pesante: un dazio del 100% che si aggiunge al 30% già esistente.
Questo significa che le fabbriche cinesi dovranno pagare una tassa totale del 130% su ogni prodotto venduto negli Stati Uniti.
Washington ha inoltre imposto il blocco dell’esportazione di qualsiasi software americano considerato “critico”, una decisione che ha spiazzato Pechino, la quale aveva sottovalutato la determinazione americana.
Chi ha più bisogno dell’altro?
Qui emerge il punto cruciale della contesa.
La Cina ha commesso un errore fondamentale: ha pensato che il suo potere derivasse dal desiderio americano di un accordo.
In realtà, la vera forza degli Stati Uniti risiede nelle debolezze strutturali dell’economia cinese e nell’enorme potere d’acquisto dei consumatori americani.
Funziona così: la Cina è una fabbrica, la sua economia si basa sulla produzione di beni da esportare.
Gli Stati Uniti sono il cliente principale, il più grande mercato del mondo.
In qualsiasi trattativa, chi compra ha quasi sempre più potere di chi vende.
Se la Cina non vende agli USA, le sue fabbriche si fermano.
Se gli americani non comprano dalla Cina, possono rivolgersi altrove.
I nuovi attori globali
Paesi come Vietnam, India e Messico sono pronti a prendere il posto della Cina e diventare le nuove “fabbriche del mondo” per i consumatori americani.
Sostituire un cliente come gli Stati Uniti, invece, è quasi impossibile per Pechino.
Questo spiega perché la guerra commerciale è destinata a ridefinire gli equilibri industriali globali, spostando la catena del valore verso economie emergenti più flessibili.
Washington ha le carte migliori
In sintesi, la Cina sta per scoprire di avere molto più bisogno degli Stati Uniti di quanto gli Stati Uniti abbiano bisogno della Cina.
La guerra commerciale è entrata in una fase imprevedibile, ma Washington è convinta di avere in mano le carte migliori.
Dietro ogni dazio, si gioca una battaglia geopolitica per il dominio tecnologico e produttivo del XXI secolo.