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Patuelli (ABI): “Per le banche italiane la cuccagna è finita?”

 
Patuelli (ABI): “Per le banche italiane la cuccagna è finita?”
di Luca Lippi

Secondo il presidente dell'Associazione Bancaria Italiana (ABI), Antonio Patuelli, per le banche italiane il 2025 sarà un anno di passaggio, ma il biennio 2026-2027 si preannuncia "molto sfidante". A pronunciare queste parole non è un semplice economista o un comune analista, ma la massima carica dell'ABI, che utilizza il tipico linguaggio cauto dei banchieri.

Sebbene nel vocabolario comune il termine "sfidante" possa suonare come uno stimolo o evocare un antagonista, nel gergo finanziario la sua traduzione è ben più preoccupante: significa dannoso, se non addirittura deleterio.

I tre grandi rischi all’orizzonte

Ma su quali basi Patuelli lancia questo allarme? Il presidente dell'ABI giustifica la sua apprensione indicando tre rischi principali che caratterizzeranno i prossimi anni:

I dazi sull'export: "In queste settimane iniziano a vedersi gli effetti dei dazi sull'export", ha dichiarato Patuelli. Se le imprese, specialmente in un'economia a forte vocazione esportatrice come quella italiana, entrano in crisi, le banche ne soffriranno di conseguenza. Dopo aver già azzerato il commercio con la Russia, un'eventuale flessione degli scambi con gli Stati Uniti renderebbe le previsioni tutt'altro che rosee.

Il calo dei tassi BCE e il rischio di indebitamento

Il calo dei tassi della BCE: Le banche non amano i tassi bassi. Da giugno dello scorso anno, la Banca Centrale Europea li ha tagliati per ben otto volte, portandoli dal 4,5 per cento all'attuale 2 per cento. Se da un lato i tassi bassi incentivano famiglie e aziende a indebitarsi, dall'altro un aumento generale del debito comporta inevitabilmente maggiori rischi per gli istituti di credito.

la contrazione degli utili: Un terzo fattore di rischio è la possibile riduzione degli utili derivanti dalle commissioni bancarie.

Nonostante il quadro preoccupante, Patuelli nota che al momento il credito è in aumento: da sette mesi cresce per famiglie e mutui, e da due mesi anche per le imprese. Tuttavia, sottolinea come questo dato dipenda molto dal contesto generale, mettendo in guardia contro un "eccesso di ottimismo".

L’euforia insostenibile dei mercati azionari

A completare il quadro c'è il settore borsistico. Negli ultimi tre anni, il comparto bancario ha beneficiato enormemente dell'euforia dei mercati azionari. Il nostro indice di riferimento, il FTSE MIB, è più che raddoppiato, passando da 20.000 a oltre 43.000 punti, con una performance straordinaria del +115 per cento.

Le performance bancarie fuori scala

Essendo il settore bancario quello maggiormente rappresentato nell'indice, le performance dei singoli istituti sono state eccezionali. Consideriamo i due principali:

Intesa Sanpaolo: 36 mesi fa un'azione quotava 1,79 €, oggi ne vale 5,61 €, con un rendimento del +213 per cento.

Unicredit: Nello stesso periodo, il valore di un'azione è passato da 11,06 € a 63,84 €, registrando una performance sbalorditiva del +477 per cento.

Molti analisti ritengono che queste quotazioni, pur sostenute da utili esorbitanti, possano essere eccessive. Appare difficile, se non impossibile, immaginare che tali performance possano continuare a questi ritmi.

Vale quindi la pena soppesare con attenzione le parole di Patuelli e porsi una domanda cruciale: per le nostre banche è finita la cuccagna? Se così fosse, non si tratterebbe di un problema limitato alla finanza, ma del palesarsi di tempi bui per l'intera economia italiana.