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PIL italiano al palo, ma si intravedono segnali di svolta. L’analisi completa della congiuntura secondo Confindustria

 
PIL italiano al palo, ma si intravedono segnali di svolta. L’analisi completa della congiuntura secondo Confindustria
Redazione
L’economia italiana ha chiuso il terzo trimestre con il motore quasi spento. La dinamica del PIL si è fermata, schiacciata da due freni esterni che continuano a pesare sulle imprese: i dazi statunitensi e la debolezza del dollaro. Due forze congiunte che stanno rallentando l’export e alimentando un clima di incertezza diffusa. Ma se il 3° trimestre mostra una fotografia immobile, il 4° lascia intravedere qualche spiraglio, rimbalza la fiducia, scendono i prezzi dell’energia e gli investimenti, soprattutto quelli alimentati dal PNRR, tornano a ingranare.

PIL italiano al palo, ma si intravedono segnali di svolta. L’analisi completa della congiuntura secondo Confindustria

Il quadro dell’inflazione conferma una fase di calma relativa. Aumentano i prezzi alimentari (+2,1%, +5,8% la carne), ma il petrolio in flessione a 64 dollari al barile riporta giù i carburanti in Italia (-1,4% tendenziale, -2,7% la benzina). Anche il gas cala leggermente, pur restando lontano dai livelli pre-2022. L’effetto è un’inflazione moderata, attestata all’1,2%.

Sul fronte dei tassi, gli Stati Uniti continuano a tagliare, mentre l’Eurozona mantiene un profilo attendista. La FED è scesa al 4,00% con un secondo taglio consecutivo e ci si aspetta un ulteriore intervento tra dicembre e gennaio. La BCE resta invece ferma al 2,00% da giugno. Il credito alle imprese italiane si stabilizza con un costo medio del 3,38%. Intanto il dollaro recupera leggermente terreno sull’euro, attestandosi a 1,155 dopo il massimo di settembre.

Sul fronte degli investimenti, la seconda metà dell’anno vede un clima più favorevole. Sale la fiducia dei produttori di beni strumentali (89,2 punti) e rimbalza quella delle costruzioni, sostenuta da giudizi meno pessimistici sugli ordini. Nei consumi la situazione è più sfumata, le vendite al dettaglio sono in calo nel trimestre (-0,4%), in peggioramento negli alimentari (-0,9%) e con nuove flessioni nelle immatricolazioni auto. Ma la fiducia delle famiglie torna a salire, elemento che potrebbe tradursi in minore propensione al risparmio. L’occupazione, intanto, segna un +0,1% nel trimestre.

I servizi continuano a rappresentare il segmento più dinamico dell’economia. Il turismo cresce (+3,9% la spesa degli stranieri), il fatturato recupera e l’indice PMI sale a 54,0, segnalando un’espansione più robusta. La fiducia delle imprese del settore, però, mostra un nuovo indebolimento. Al contrario, l’industria continua a muoversi su un terreno incerto: forte rimbalzo della produzione a settembre (+2,8%), ma trimestre comunque negativo (-0,5%). Il PMI risale a 49,9, molto vicino alla soglia degli equilibri.

Sul fronte dell’export, settembre registra un recupero (+2,6%) dopo il crollo di agosto, con gli USA a trainare soprattutto farmaceutica e mezzi di trasporto. Bene anche Francia, Spagna, Polonia, Giappone, India e paesi OPEC. Le prospettive future restano però deboli, appesantite dai nuovi dazi Usa sui veicoli medi e pesanti entrati in vigore il 1° novembre.

A livello internazionale, l’Eurozona conferma una crescita fragile, con Germania e Francia ancora indietro nei servizi, mentre gli USA mostrano una manifattura debole e consumi incerti, complicati dal più lungo shutdown della loro storia. La Cina vive una nuova frenata industriale, con un PMI solo lievemente sopra 50 e un export in contrazione (-1,1% annuo), penalizzato soprattutto dal crollo delle vendite verso gli Stati Uniti (-25,2%).

Dal 2023 emerge un divario industriale europeo che nel 2025 non si è colmato. Italia e Germania confermano una dinamica negativa (-0,9% e -1,5% nei primi nove mesi), mentre la Spagna continua a crescere (+1,0%) e la Francia rimane stabile. Le ragioni sono molteplici: energia meno costosa per le imprese spagnole, la crisi dell’auto che colpisce soprattutto Berlino, l’impatto dei dazi e del dollaro sull’export tedesco, l’instabilità politica e i conti pubblici fragili in Francia.

Per l’Italia, i prezzi industriali restano moderati (+0,8% annuo), più stabili rispetto ai picchi del biennio 2021-2022. Il confronto con gli altri paesi europei mostra un lieve disallineamento, più aumento in Germania, maggiore stabilità in Italia, Francia e Spagna. In Italia, i settori a valle risentono della debolezza della domanda interna, con prezzi più bassi rispetto ai partner europei.

Guardando avanti, il quadro resta complesso. Per il nostro Paese, i consumi di beni cresceranno lentamente e l’export rimarrà frenato da dazi e dollaro debole. La leva decisiva saranno gli investimenti, la loro traiettoria determinerà la capacità di agganciare una ripresa industriale, che nel breve resta difficile. Germania potrà contare sui maxi-investimenti in infrastrutture e difesa dal 2026, mentre la Francia dovrà gestire l’incertezza politica. La Spagna, favorita da un mix competitivo stabile, sembra destinata a mantenere il vantaggio industriale nel breve periodo.