Una maxi-analisi internazionale su oltre 17 mila pazienti mostra che ridurre lentamente i farmaci, accompagnati da terapia psicologica, previene le ricadute in modo sicuro e comparabile al proseguimento del trattamento.
Ridurre lentamente gli antidepressivi, con il sostegno di una terapia psicologica strutturata, può essere efficace quanto proseguire il trattamento farmacologico nel prevenire le ricadute depressive.
È quanto emerge dalla più ampia e rigorosa meta-analisi mai condotta sul tema, pubblicata sulla rivista The Lancet Psychiatry, che ha coinvolto oltre 17.000 adulti in 76 studi clinici randomizzati condotti in tutto il mondo.
Secondo gli autori, coordinati dal professor Giovanni Ostuzzi dell’Università di Verona, “una riduzione graduale del dosaggio, associata a un percorso terapeutico di supporto, può prevenire una ricaduta in un paziente su cinque rispetto a chi interrompe bruscamente o riduce troppo rapidamente il trattamento”.
Un risultato clinicamente rilevante che, secondo i ricercatori, potrebbe cambiare la gestione globale della deprescrizione antidepressiva.
La revisione ha preso in esame diverse strategie: interruzione improvvisa, riduzione rapida (entro 4 settimane), riduzione lenta (oltre 4 settimane), riduzione del dosaggio e prosecuzione della terapia a dose standard.
La combinazione più efficace è risultata quella del tapering lento con supporto psicologico, che ha ridotto le ricadute depressive in misura analoga alla prosecuzione del trattamento.
“Questo non significa che gli antidepressivi non servano – precisa Ostuzzi – ma che il processo di sospensione deve essere personalizzato, accompagnato e graduale”.
Un approccio individuale, non una rinuncia alla cura
Il team di ricerca, che include studiosi delle università di Verona, Padova, Rennes e Parigi, sottolinea che le decisioni di sospendere gli antidepressivi devono essere condivise tra medico e paziente, con piani individualizzati e assistenza costante.
Come ricorda la coautrice Debora Zaccoletti, “gli antidepressivi sono strumenti preziosi, ma non tutti devono assumerli a lungo termine. Strategie sicure e basate sull’evidenza, come il supporto psicologico e la riduzione graduale, possono essere alternative valide per molti pazienti”.
Attualmente, le linee guida internazionali raccomandano di proseguire il trattamento da sei a nove mesi dopo la remissione di un primo episodio depressivo, o fino a due anni nei casi ricorrenti. Tuttavia, nella pratica clinica, molti pazienti rimangono in terapia più a lungo del necessario, anche a causa del timore di sintomi da astinenza o ricadute.
Il peso dei numeri e le implicazioni globali
Analizzando i dati di 17.379 pazienti, in gran parte donne (68%), seguiti per circa un anno, gli autori hanno rilevato che le strategie di tapering lento associate a psicoterapia cognitivo-comportamentale o mindfulness riducono il rischio di ricaduta quanto la prosecuzione della terapia a pieno dosaggio.
Il beneficio medio è pari a una ricaduta evitata ogni cinque pazienti trattati con riduzione graduale rispetto a chi interrompe improvvisamente o in modo rapido.
La qualità delle prove è considerata moderata per la depressione e bassa per l’ansia, segnalano i ricercatori, che invitano a nuovi studi dedicati ai disturbi d’ansia.
Non sono emerse differenze significative negli effetti collaterali o nei tassi di abbandono tra i vari metodi di sospensione, ma le informazioni sui sintomi da astinenza restano scarse.
Un cambio di paradigma nella salute mentale
Lo studio, condotto senza finanziamenti esterni, segna un punto di svolta nel dibattito su uso prolungato e sovraprescrizione degli antidepressivi.
Negli ultimi anni, la durata media delle terapie si è allungata, spesso senza una reale necessità clinica.
Per Ostuzzi, “la vera sfida è sviluppare linee guida che promuovano una revisione periodica del trattamento e un processo di sospensione controllato, graduale e personalizzato”.
Il commento a corredo della pubblicazione, firmato da Jonathan Henssler della Charité–Universitätsmedizin Berlin, sottolinea l’importanza del supporto psicologico integrato: “Anche se può sembrare ovvio, il valore clinico della psicoterapia come supporto alla sospensione dei farmaci è enorme. I migliori risultati si ottengono con strategie che prevedono un equilibrio tra terapia farmacologica e psicologica”.
Verso una nuova cultura della cura
I ricercatori invitano a un approccio più consapevole e multidisciplinare al trattamento della depressione.
“Non si tratta di rinunciare ai farmaci – conclude Zaccoletti – ma di restituire ai pazienti una maggiore autonomia terapeutica, con percorsi sicuri e supportati dalle evidenze”.
Un obiettivo che richiede formazione, risorse e infrastrutture sanitarie in grado di integrare il supporto psicologico nella pratica quotidiana.