• Non è solo luce e gas, è l'energia di casa tua.
  • Un museo. Quattro Sedi. IntesaSanPaolo
  • La piattaforma di wealth planning
  • Italpress Agenzia di stampa

La pace in Palestina passa anche tendendo le mani alla sua agricoltura assediata

 
La pace in Palestina passa anche tendendo le mani alla sua agricoltura assediata
Diego Minuti

Oramai, quando si vuole dare sostanza a proposte o semplici speranze, si ricorre ad una parola, entrata nella consuetudine del nostro parlare: resilienza, intesa come un segnale della forza di volontà di qualcuno, sia esso una sola persona o un popolo, di andare avanti, a dispetto delle difficoltà.

La pace in Palestina passa anche tendendo le mani alla sua agricoltura assediata

E resilienza è anche chiave per capire, ed apprezzare, il progetto "Olivi - Cultura di Pace in Palestina", che significa "una nuova alleanza tra olivicoltori del Mediterraneo per rafforzare i legami di solidarietà tra produttori, cooperative e territori".

Nella sua apparente semplicità (la collaborazione è una delle fondamenta delle realtà contadine: tendersi la mano soprattutto nella cattiva sorte) il progetto è invece un potente messaggio, che è ancora più importante nel momento in cui, grazie all'accordo di pace, le armi - anche se non tutte - stanno tacendo, mentre il processo di restituzione della Striscia di Gaza alla normalità muove i primi difficili passi.

"Olivi - Cultura di Pace in Palestina", promosso da associazioni e organizzazioni contadine italiane e palestinesi, parte con l'inizio della stagione della raccolta delle olive, "e intende - dicono i suoi promotori - sostenere attivamente la resilienza agricola in Palestina, sempre più minacciata dalla violenza dei coloni e dalle operazioni dell’esercito israeliano".

Una affermazione che riassume una condizione di perenne incertezza che vivono i contadini e gli agricoltori palestinesi che, oltre a dovere fare i conti con il duro lavoro sui campi, fronteggiano quotidianamente la violenza della frangia più estremistica dei coloni israeliani, quelli che vedono la Cisgiordania come parte del loro Stato, sentendosi quindi autorizzati ad impossessarsene con ogni mezzo, anche con le armi, le aggressioni, le devastazioni.

Il progetto non nasce solo da una speranza, ma è il frutto del lavoro che, nei mesi scorsi, ha visto coinvolti tecnici agronomi, cooperative, produttori biologici, amministrazioni locali e realtà della società civile italiana, impegnati in una serie di incontri con rappresentanti delle comunità agricole palestinesi.

L'obiettivo? "Costruire un’alleanza concreta, fondata sull’idea del gemellaggio tra olivicoltori del Mediterraneo, con l’obiettivo di creare relazioni stabili e paritarie tra territori e produttori".
L'idea nasce dal confronto tra l’ong padovana ACS (Associazione di Cooperazione e Solidarietà) e l’organizzazione palestinese Arab Agronomists Association ed ha trovato sostengo e collaborazione da una rete ampia e articolata di realtà italiane e palestinesi impegnate nella cooperazione internazionale, nell’agricoltura responsabile e nella promozione della giustizia economica e sociale.

Per Nicola Manno, agroecologo e cooperante di ACS Italia, si tratta "di un impegno concreto per l’autodeterminazione delle comunità palestinesi. L’adesione a questa campagna si traduce in azioni reali: gli agricoltori promuovono iniziative di solidarietà nei loro territori e, dove possibile, viene applicato un sovrapprezzo solidale ai prodotti. I fondi raccolti vengono destinati direttamente alle organizzazioni agricole palestinesi impegnate nella difesa del territorio e nella ricostruzione degli oliveti danneggiati".

Insieme ad una collaborazione sul campo, il progetto si pone l'obiettivo di favorire una "azione di sensibilizzazione e denuncia pubblica, attraverso la diffusione di report, testimonianze, materiali video e fotografici, con l’obiettivo di mantenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica sugli attacchi e le violenze sistematicamente documentati nei villaggi agricoli di almeno quattro province della Cisgiordania – Ramallah, Jenin, Nablus e Hebron – in cui si sta svolgendo la raccolta delle olive".

Dopo avere ricordato la morsa che l'esercito Israeliano ha attuato in Cisgiordania ("moltiplicando posti di blocco e chiusure", "isolando i villaggi e spezzando la libertà di movimento dei palestinesi"), Issa Al-Shatleh, vicepresidente dell’Arab Agronomists Association, ha sottolineato quanto sia fondamentale la campagna Olivi-cultura di Pace in Palestina: "Non solo offre un sostegno materiale concreto agli agricoltori palestinesi nel duro lavoro quotidiano, ma perché l’albero di ulivo è il simbolo stesso della resilienza del popolo palestinese. È un simbolo di pace politica, economica, socio-culturale e ambientale – e per questo dobbiamo proteggerlo. La campagna contribuisce a rafforzare le comunità rurali grazie anche a un intenso lavoro di monitoraggio e denuncia delle violazioni israeliane, in particolare contro il settore agricolo e olivicolo".