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Trimestrali, dazi e Fed: mercati globali sospesi su tre fronti

 
Trimestrali, dazi e Fed: mercati globali sospesi su tre fronti

I mercati globali in bilico tra trimestrali tech, guerra dei dazi e tensioni sulla leadership della Fed. Un’estate ad alta volatilità per investitori e analisti

di Luca Lippi

Una settimana decisiva si apre per i mercati globali, stretti su tre fronti cruciali che ne determineranno l'umore e la direzione. L'attenzione è puntata sulle attesissime trimestrali di colossi come Google e Tesla, ma non sono solo i conti dei giganti tecnologici a tenere banco. Sullo sfondo pesano due grandi incognite: lo stallo sul fronte dei dazi con l'Unione Europea, che minaccia di innescare una spirale negativa per l'economia globale, e lo scontro sempre più aspro tra la Casa Bianca e il numero uno della Federal Reserve, Jerome Powell. Tre partite diverse, ma interconnesse, che si giocano contemporaneamente e il cui esito è tutt'altro che scontato.

Reporting season: il banco di prova della tecnologia

Siamo entrati nel cuore della "reporting season", il periodo in cui le grandi aziende pubblicano i loro bilanci trimestrali, una sorta di pagella che dice a investitori e analisti come sono andati gli affari. Nelle prossime due settimane, ben sei delle cosiddette "Magnifiche Sette" (il gruppo delle più importanti società tecnologiche americane) sveleranno i loro conti, con la sola eccezione di NVIDIA, attesa ad agosto. Sarà un momento della verità fondamentale per capire lo stato di salute non solo delle singole aziende, ma dell'intera economia. In questo contesto, l'attenzione si concentra in particolare su Apple. Come illustra chiaramente il grafico qui sotto, il titolo del colosso di Cupertino è apparso decisamente debole negli ultimi mesi, faticando a tenere il passo del resto del mercato azionario, che invece ha corso. I risultati in arrivo dovranno quindi confermare o smentire questo scetticismo diffuso: si tratta di una difficoltà passeggera o di un problema più profondo?

Tuttavia, finora, la stagione delle trimestrali ha rivelato una tendenza particolare. Anche a fronte di risultati solidi, è mancato quel catalizzatore rialzista, la cosiddetta "sorpresa positiva" capace di generare vero entusiasmo e spingere gli investitori a comprare con convinzione. Questa dinamica è cruciale soprattutto nel settore tecnologico. Il prezzo delle azioni tech, infatti, non si basa solo sui profitti di oggi, ma incorpora enormi aspettative di crescita futura. In altre parole, il loro valore è un po' come un sogno che deve essere costantemente alimentato.

Il caso Netflix

Se i conti si limitano a confermare le attese, senza superarle nettamente, la reazione è spesso tiepida, se non negativa. Per il comparto tech, la normalità non basta: il mercato esige uno stupore continuo. Un caso di studio perfetto è Netflix, come mostra il secondo grafico. La società ha presentato numeri oggettivamente buoni, ma senza "fuochi d'artificio" nelle previsioni future. Di conseguenza, il titolo è stato venduto invece che comprato. Perché? Perché il mercato, nel suo prezzo, scontava già uno scenario ben più roseo. È il classico esempio di "sell the news": si vende sulla notizia, anche se buona, perché non abbastanza straordinaria. Se i latini dicevano In vino veritas, a Wall Street vige una regola ben più spietata: in numbers, veritas – la verità, quella che muove i capitali, è solo nei numeri che superano le attese.

Dazi USA-UE: la minaccia sottovalutata

Il secondo grande fattore di rischio è la disputa commerciale con l'Unione Europea. I dazi non sono altro che tasse imposte sui beni importati, che rendono i prodotti più costosi per consumatori e aziende, danneggiando il commercio internazionale. La trattativa tra USA e UE è in una fase di stallo critico, dove la diplomazia ufficiale nasconde una crescente ostilità. L'Europa, sentendosi messa all'angolo e tradita da un alleato storico, si sta preparando a una potenziale controffensiva, spinta da un mix di calcolo strategico e orgoglio ferito. Questa dinamica potrebbe portare a uno scontro frontale, trasformando la questione dei dazi nella principale minaccia per l'economia globale durante l'estate. Le conseguenze di una guerra commerciale sarebbero gravi, ma i mercati finanziari sembrano per ora ignorare il pericolo. La domanda chiave è: per quanto ancora? L'eventualità di dazi reciproci al 30% — uno scenario ben più grave del 20% che ad aprile aveva già scatenato il panico — rappresenta una variabile non ancora prezzata che potrebbe innescare una brusca e violenta correzione.

Powell sotto attacco: Wall Street difende la Fed

Infine, c'è lo scontro istituzionale tra Donald Trump e la Federal Reserve. Qui emerge un paradosso affascinante. Nonostante la prospettiva allettante di tassi d'interesse più bassi sotto un nuovo governatore, Wall Street ha risposto con allarme all'idea di un allontanamento forzato di Jerome Powell. Perché il mondo della finanza difende un presidente della Fed che considera "rigido"? La risposta va oltre la semplice politica monetaria. L'indipendenza della banca centrale è un principio sacro. Immaginate se chi stampa il denaro fosse la stessa persona che si candida alle elezioni: potrebbe essere tentato di inondare il mercato di liquidità solo per vincere, creando enormi problemi economici in seguito. L'indipendenza della Fed serve proprio a evitare questo. Un attacco diretto alla sua autonomia minerebbe la credibilità dell'intero sistema finanziario americano. Questo sentimento è un fatto, supportato dalle dichiarazioni di figure chiave come Jamie Dimon (CEO di JPMorgan) e dalle analisi di Goldman Sachs. Ma la prova più forte è arrivata dal mercato stesso: alle sole voci, poi smentite, di una possibile rimozione di Powell, il dollaro si è indebolito e i rendimenti dei titoli di Stato sono schizzati, in un chiaro segnale di nervosismo. In questa partita, Wall Street sta con la stabilità, e quindi con Powell.

Tre fronti, una sola verità: equilibrio precario

In conclusione, i mercati navigano in acque apparentemente calme ma attraversate da profonde correnti di incertezza. Dalle trimestrali emerge la fragilità di valutazioni che richiedono uno stupore costante. Dal fronte geopolitico emerge la fragilità degli equilibri economici globali. E dallo scontro sulla Fed emerge la fragilità della fiducia nelle istituzioni. Questi tre fronti, pur diversi, raccontano la stessa storia: quella di un equilibrio precario. Gli investitori si trovano a gestire un mercato che prezza la perfezione ma è circondato da crescenti imperfezioni. L'estate si preannuncia quindi come un test cruciale per capire se i listini riusciranno a continuare la loro corsa o se una di queste crepe finirà per incrinare l'intero edificio.