Sfratti infiniti e rischio d’insolvenza scoraggiano gli affitti a lungo termine. I proprietari ritirano gli immobili, i prezzi salgono e le città si svuotano
di Luca Lippi
Tempi biblici per gli sfratti e un rischio d'insolvenza quasi interamente a carico dei proprietari spingono migliaia di persone a ritirare i propri immobili dal mercato della locazione a lungo termine. Il risultato è un cortocircuito sociale ed economico: meno offerta, prezzi inaccessibili e città che si svuotano di residenti a favore del turismo.
Un giovane lavoratore cerca casa per avvicinarsi all'ufficio. Una coppia sogna di costruire una famiglia e ha bisogno di più spazio. Uno studente si trasferisce in una nuova città per l'università. Storie comuni, quotidiane, che si scontrano con un muro invalicabile: il mercato degli affitti in Italia. Un mercato malato, caratterizzato da un fenomeno tanto illogico quanto diffuso: da un lato, canoni di locazione che raggiungono vette insostenibili; dall'altro, un numero esorbitante di case tenute deliberatamente vuote. Come è possibile questa contraddizione? La risposta si cela in un sistema di tutele sbilanciato che, nel tentativo di proteggere l'inquilino, ha finito per rendere l'affitto a lungo termine un investimento ad altissimo rischio per i proprietari.
Il rischio è tutto del proprietario: sfratti e costi insostenibili
Chi oggi decide di comprare un immobile per metterlo a reddito si trova di fronte a una realtà spietata. Il "rischio di insolvenza" dell'inquilino è una spada di Damocle che pende quasi esclusivamente sulla testa del locatore. Se l’affittuario smette di pagare, per il proprietario inizia un percorso a ostacoli legale ed economico che può durare dai 12 fino ai 24 mesi, e in alcuni casi anche di più.
In questo lungo arco temporale, il proprietario non solo non percepisce alcun reddito, ma è legalmente obbligato a continuare a sostenere tutti i costi: le tasse sull'immobile (come l'IMU, calcolata su una rendita che di fatto non esiste più), le spese condominiali, le utenze non volturate e, non da ultimo, le rate di un eventuale mutuo. A queste si aggiungono le ingenti spese legali necessarie per avviare e portare a termine la procedura di sfratto per morosità. Un vero e proprio salasso finanziario che può azzerare, e persino superare, anni di rendimento.
Quando la casa non è più un investimento sicuro
Molti commettono l'errore di considerare l'investimento immobiliare come intrinsecamente "sicuro" perché tangibile. La realtà è un'altra: affittare un immobile non è una rendita passiva, ma l'erogazione di un servizio fondamentale: offrire un tetto in cambio di un corrispettivo. Il problema è che in Italia la tutela è sproporzionata a favore di chi riceve questo servizio. Difficilmente si riscontrano in altri settori economici situazioni analoghe: nessun professionista, nessuna azienda di telecomunicazioni o fornitore di energia permetterebbe a un cliente di usufruire dei propri servizi per due anni senza pagare. Il paradosso raggiunge il suo apice quando un proprietario esasperato valuta l'ipotesi di un'azione diretta. Chi cedesse alla tentazione di un'azione di forza – come cambiare la serratura o staccare le utenze – si esporrebbe a denunce per violazione di domicilio ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni, rischiando gravi conseguenze penali. La casa è sua, ma non ne può disporre.
Locazione tradizionale? Meglio Airbnb e studenti garantiti
Di fronte a un quadro così desolante, la reazione dei proprietari è tanto logica quanto dannosa per il sistema. Per minimizzare il rischio, si cercano vie di fuga. La locazione tradizionale a lungo termine viene scartata a favore di alternative percepite come più sicure: gli affitti brevi per turisti (gestiti tramite piattaforme come Airbnb) o i contratti per studenti, spesso supportati da garanzie genitoriali. Questa scelta, seppur comprensibile dal punto di vista del singolo investitore, innesca un devastante cortocircuito a livello nazionale. Gli immobili vengono sistematicamente sottratti al mercato residenziale, riducendo drasticamente l'offerta disponibile per famiglie, lavoratori e giovani. La conseguenza diretta è l'impennata dei prezzi per le poche case rimaste disponibili. È la legge base della domanda e dell'offerta: quando il bene scarseggia, il suo costo esplode.
La legge dell’offerta: meno case, più caro l’affitto
Le ripercussioni di questo fenomeno ridisegnano il volto delle nostre città e la struttura della nostra società. I centri storici si trasformano in "turistifici", perdendo la loro anima e i loro residenti. Per chi cerca una stabilità abitativa, un valore fondamentale per la pianificazione del proprio futuro, trovare una casa diventa una missione impossibile.
Questo mercato immobiliare distorto e "ingessato", con poche transazioni e un'offerta asfittica, frena la mobilità lavorativa e ritarda tappe fondamentali della vita, come la formazione di nuove famiglie. Come può una giovane coppia pensare di avere figli se non riesce a trovare un alloggio stabile e a un prezzo accessibile?
Tutela sì, ma per chi? Il paradosso normativo italiano
L'eccessiva tutela, nata con il nobile intento di proteggere la parte debole del contratto, finisce così per danneggiare una platea molto più vasta: tutti coloro che, pur essendo disposti e in grado di pagare regolarmente un affitto, non trovano un'offerta adeguata. In questo paradosso tutto italiano, a vincere non è nessuno, mentre a perdere è l'intera collettività, che si ritrova con città più care, meno vivibili e un futuro abitativo sempre più incerto. La domanda sorge spontanea: è possibile trovare un nuovo equilibrio che tuteli l'inquilino onesto ma in difficoltà, senza però paralizzare l'intero mercato e punire chi investe? La sfida per il legislatore è aperta e non più rimandabile.