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Addio alla TV tradizionale: vince lo streaming on demand

 
Addio alla TV tradizionale: vince lo streaming on demand
Redazione

Da qualche anno, i canali televisivi tradizionali vengono lasciati indietro a favore di altri utilizzi, come la fruizione di contenuti in streaming, di video on demand e persino l’ascolto di musica.
Il televisore è diventato una vera e propria finestra sul web.

Il calo degli ascolti dei canali lineari è più che evidente. Basta guardare ai dati relativi al prime time, ovvero la fascia di prima serata, da sempre la più importante per le strategie pubblicitarie.
In passato, la prima serata televisiva era un appuntamento fisso: le famiglie si riunivano sul divano, regalando share altissimi a talk, fiction, varietà e grandi eventi.

Durante la pandemia da Covid-19, questa abitudine si era rafforzata, riportando per un breve periodo numeri da record. Ma si è trattato solo di una parentesi. Le piattaforme di streaming come Netflix, Prime Video, Disney+ e NOW hanno iniziato a consolidare la loro presenza, cambiando le abitudini del pubblico.

Alla fine del lockdown, gli ascolti della TV generalista hanno subito una flessione costante, segnando l’inizio di un processo di decrescita irreversibile.

Il paradosso è che a “boicottare” la TV classica è stata… la stessa televisione. Esempi chiari sono RaiPlay e Mediaset Infinity, che hanno introdotto contenuti on demand per inseguire il pubblico in fuga.

Gli utenti oggi cercano contenuti veloci, personalizzati, fruibili quando e dove vogliono. L’opportunità di guardare serie TV, film o show preferiti senza vincoli di orario è diventata un’esigenza irrinunciabile.
Per questo anche i grandi gruppi editoriali italiani stringono accordi con ex concorrenti: fiction Rai e Mediaset sono ormai disponibili anche su Netflix e Amazon Prime.

La crescente ibridazione tra TV e digitale impone anche una riflessione su un altro tema: la pubblicità televisiva.
Con il calo degli ascolti dei canali tradizionali, si riducono anche gli investimenti pubblicitari nel prime time (dal 2 al 10% annuo), che si trasferiscono sempre più sulle piattaforme mobile e digitali, dove il pubblico è giovane, connesso e targettizzabile.

Cambia anche il formato degli spot: più brevi, dinamici, verticali, in movimento continuo.
La rivoluzione televisiva è in atto. E a guidarla sono proprio gli strumenti digitali che hanno trasformato il televisore in hub multimediale.