Manifestazioni, tensioni sociali e polemiche contro la “colonizzazione economica”: il Messico diviso tra accoglienza e rivendicazioni locali
Il Messico si trova al centro di un acceso dibattito sociale e politico, alimentato dalle recenti proteste esplose a Città del Messico contro gli effetti della gentrificazione e l’eccessiva presenza di turisti stranieri, in particolare provenienti dagli Stati Uniti e dall’Europa. Le tensioni si sono trasformate in manifestazioni di piazza, culminate con disordini nei quartieri centrali della capitale, tra cui Roma e Condesa, dove sono state danneggiate vetrine e apparsi slogan come "Fuori dal Messico" e "Uccidi un gringo".
I manifestanti hanno accusato gli occidentali di "rubare le case" e di essere responsabili dell’aumento vertiginoso del costo della vita nella capitale, un trend che secondo molti sta contribuendo allo sfratto forzato di migliaia di residenti storici. Sebbene la protesta sia stata in gran parte pacifica, l’uso di toni violenti e atti vandalici ha generato forti reazioni da parte delle istituzioni.
Il governo condanna gli eccessi, ma riconosce il problema
La presidente messicana Claudia Sheinbaum, in una conferenza stampa, ha condannato le derive xenofobe del movimento, affermando:
"No alla discriminazione, no al razzismo, no al classismo, no alla xenofobia, no al machismo. Tutti gli esseri umani, uomini e donne, sono uguali e non possiamo trattare nessuno come inferiore".
Ma nonostante la dura presa di posizione, le proteste hanno trovato eco anche fuori dai confini messicani. Il Dipartimento della Sicurezza Interna degli Stati Uniti, con un post ironico su X, ha invitato i migranti irregolari presenti negli USA a utilizzare l’app CBP Home per tornare in Messico e partecipare alle proteste.
Una dinamica globale: da Barcellona a Parigi
Il caso messicano non è isolato. Città come Barcellona e Parigi hanno già vissuto mobilitazioni simili, causate da dinamiche parallele: turismo di massa, crescita degli affitti a breve termine e la pressione esercitata da nomadi digitali e imprese con elevato potere d’acquisto.
In Messico, uno dei gruppi promotori della protesta, il Frente Anti Gentrificación Mx, ha paragonato la gentrificazione a una “nuova forma di colonizzazione”, affermando che le istituzioni trattano con favore chi può permettersi di pagare di più, a scapito dei residenti storici.
La portavoce del gruppo, Yessica Morales, ha respinto con decisione le accuse di xenofobia: "Non siamo contrari all'immigrazione perché la gentrificazione non è un problema legato all'immigrazione (che è) un diritto umano. Siamo contrari alla violenza come modello di governo". E ha aggiunto: "In Messico, il costo degli alloggi è aumentato del 286% dal 2005… mentre i salari reali sono diminuiti del 33%", citando i dati ufficiali dell’Istituto Nazionale di Statistica e Geografia (INEGI) e della Federal Mortgage Society.
Airbnb nel mirino
Il colosso degli affitti brevi Airbnb è finito al centro della contestazione. Gli attivisti lo accusano di aver accelerato il processo di gentrificazione, trasformando le case in beni speculativi. La società, però, ha difeso il proprio operato dichiarando di aver generato oltre un miliardo di dollari nell’economia locale nel solo 2024, grazie anche alle spese effettuate dagli ospiti in negozi e servizi della capitale.
Il governo di Città del Messico, nel 2022, aveva firmato un accordo con Airbnb e UNESCO per promuovere la capitale come “hub globale per i nomadi digitali e il turismo creativo”, un’iniziativa che, nelle intenzioni dell’allora sindaca Sheinbaum, doveva rilanciare l’economia post-pandemia.
Un problema strutturale
Secondo molti urbanisti e analisti economici, la gentrificazione di Città del Messico è un fenomeno strutturale, non riconducibile soltanto alla presenza di stranieri. Fattori come la disuguaglianza sociale, la mancanza di politiche abitative inclusive e la privatizzazione del suolo urbano hanno creato le condizioni ideali per un'esclusione abitativa progressiva delle classi meno abbienti.
Nonostante la presenza di slogan estremi, il dibattito sollevato dalle manifestazioni richiama l’attenzione su una questione reale: chi ha diritto a vivere e abitare una città? E a che prezzo? Una domanda che riecheggia oggi più che mai, non solo in Messico, ma in molte capitali del mondo.
Redazione