A Istanbul detta legge un autocrate come Recep Tayyip Erdogan, sempre più schierato su posizioni radicali, e allora come opporsi quando decide di (ri)trasformare una chiesa in una moschea, com’è accaduto per la basilica di Santa Sofia? Ma che lo stesso possa succedere in Italia, e per la precisione a Napoli, complice la curia locale – per la precisione l’Istituto diocesano per il sostentamento del clero dell’arcidiocesi di Napoli – è un altro discorso.
Addirittura, il capoluogo partenopeo, complice la curia locale, potrebbe battere Bergamo in questa poco onorevole graduatoria di “sostituzione” di un luogo di culto, dopo che nella città orobica non è ancora andato in porto un analogo tentativo per la trasformazione di una cappella ospedaliera.
La chiesa in questione, oggi in rovina ma con una storia secolare, è ancora oggetto di devozione popolare: Santa Caterina al Foro Magno, eretta nel Seicento nel cuore del Lavinaio, quartiere Pendino, a poca distanza dal Carmine e dal porto vecchio. Qui, nel 1641, il rivoluzionario Masaniello sposò Bernardina Pisa.
Chiusa dopo il terremoto del 23 novembre 1980 e abbandonata come molti altri luoghi di culto, conservava marmi policromi, antichi dipinti e – all’esterno – un crocifisso ligneo, cuore spirituale del quartiere. Fino a ieri, quando il crocifisso è stato rimosso e trasferito nei magazzini della curia.
Il motivo? La chiesa è in vendita – e probabilmente già ceduta – a un commerciante-ristoratore pachistano. La voce, non smentita, è che verrà restaurata e trasformata in moschea. Sarebbe la quarta moschea in poche centinaia di metri, mentre le chiese chiudono, cadono in rovina e vengono vendute. Il tutto senza che alcun autocrate islamista abbia preso il potere.