Indiscrezioni su un patto sbilanciato a favore di Washington agitano i ventisette Paesi membri. Si parla di impegni miliardari per energia e armi, mentre sul negoziato si allunga l'ombra del Pfizergate che coinvolge la Presidente von der Leyen. Un velo di mistero e una crescente preoccupazione avvolgono i corridoi del potere europeo. Mentre si attende la pubblicazione ufficiale di un nuovo accordo commerciale tra Unione Europea e Stati Uniti, prevista tra venerdì e lunedì prossimi, le indiscrezioni che trapelano descrivono uno scenario allarmante. Al di là del dato apparentemente positivo – una riduzione dei dazi dal 30 per cento al 15 per cento – emergerebbe un quadro profondamente sbilanciato, un patto in cui l’Europa sembra destinata a concedere molto, ricevendo in cambio poco o nulla.
Un conto da capogiro per l'Europa
Le cifre che circolano, sebbene non ancora confermate, sono impressionanti e delineano un accordo che, secondo i critici, assomiglierebbe più a un'imposizione che a un negoziato tra pari. I punti chiave delle indiscrezioni sono tre.
Energia
L’UE si sarebbe impegnata ad acquistare dagli Stati Uniti forniture energetiche per un valore di 750 miliardi di euro. Un impegno colossale, il cui dettaglio più preoccupante risiede nella totale incertezza sul prezzo di acquisto. La logica suggerisce che, in assenza di tetti prefissati, il costo finale sarebbe a completa discrezione di Washington, trasformando l'accordo in un assegno in bianco firmato dai cittadini europei.
Investimenti forzati
L'accordo prevederebbe un obbligo per l’Unione Europea di effettuare investimenti diretti negli Stati Uniti per 600 miliardi di euro. In pratica, i soldi delle tasse dei contribuenti europei verrebbero utilizzati per stimolare il PIL americano e creare posti di lavoro oltreoceano, in un gigantesco trasferimento di ricchezza che solleva seri interrogativi sulla sovranità economica del continente.
Acquisti nel settore Difesa
A completare il quadro, ci sarebbe un impegno non quantificato ma definito"enorme"dallo stesso Trump, per l'acquisto di armamenti prodotti dall'industria bellica statunitense. Sommando solo i primi due punti, si arriva alla cifra sbalorditiva di 1.350 miliardi di euro, a cui si aggiungerebbero i costi per gli armamenti e l'impatto dei dazi, seppur ridotti.
La reazione dei mercati: un segnale d'allarme
I mercati finanziari, spesso sismografi sensibili dei timori politici, sembrano aver già reagito a queste voci. Nella giornata di ieri, l'indice principale della Borsa di Francoforte ha registrato un calo significativo. A soffrire maggiormente sono stati i colossi dell'automotive come Mercedes, BMW, Volkswagen e Porsche, ma il crollo più vistoso ha riguardato Rheinmetall, la più grande azienda europea produttrice di armi. Un copione simile si è ripetuto in Italia, dove il titolo peggiore della giornata è stato Leonardo, la nostra principale azienda attiva nel settore della difesa e dell'aerospazio. Per gli analisti, questi crolli non sono una coincidenza: la prospettiva di un acquisto massiccio di armi americane da parte dei Paesi UE metterebbe in grave difficoltà l'industria della difesa europea, dirottando risorse vitali verso i competitor statunitensi.
Il nodo politico: ricatto o sottomissione?
Di fronte a un accordo potenzialmente così penalizzante, la domanda sorge spontanea: perché la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, avrebbe accettato condizioni simili? Le analisi nel mondo politico e diplomatico si dividono su due ipotesi principali, entrambe inquietanti. La prima è quella di una completa resa strategica agli Stati Uniti. Una visione espressa senza mezzi termini dal premier ungherese Viktor Orbán, secondo cui "Trump si è semplicemente mangiato la von der Leyen". Più diplomatica, ma non meno tagliente, la presunta dichiarazione del leader centrista francese François Bayrou, che avrebbe parlato di "un giorno triste per l'Europa", costretta a un atto di sottomissione.
La seconda ipotesi, ancora più grave, è quella del ricatto politico. In questo clima di sospetto, riemerge l'ombra del cosiddetto "Pfizergate", lo scandalo sugli acquisti dei vaccini anti-Covid in cui la Presidente della Commissione è personalmente coinvolta per i suoi contatti diretti con l'amministratore delegato di Pfizer. La vicenda giudiziaria non è ancora conclusa e, essendo Pfizer un'azienda americana, il timore è che Washington possa avere in mano informazioni capaci di porre fine alla carriera politica della von der Leyen. Un'ipotesi, quest'ultima, che legherebbe la presunta arrendevolezza della Presidente a una potenziale vulnerabilità sul piano giudiziario.
Mentre si attende il testo ufficiale che potrà confermare o smentire queste clamorose anticipazioni, l'Europa trattiene il fiato. In gioco non c'è solo un accordo commerciale, ma il futuro stesso della sua
autonomia strategica e della sua credibilità come attore globale.