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Giochi, non si vede l’uscita dal tunnel

 
Giochi, non si vede l’uscita dal tunnel

Il riordino del gioco fisico è sicuramente una questione molto importante, non solo per gli operatori del settore.

di Riccardo Pedrizzi

Il riordino del gioco fisico è sicuramente una questione molto importante, non solo per gli operatori del settore, ma per l’intero sistema regolatorio italiano. L’attesa per una regolamentazione nazionale che metta fine al caos attuale dura da anni, ma la soluzione sembra ancora lontana.

Il primo problema è che il settore non ha una parte attiva nella stesura del documento base per disegnare il nuovo modello di gioco fisico. Il secondo è lo scambio continuo di responsabilità tra l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM) e il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), che trattano il documento di riordino come fosse un segreto di Stato, senza riuscire a farlo approdare al livello politico.

Serve un intervento deciso da parte del Governo, un rappresentante autorevole che coinvolga almeno le Regioni a guida centrodestra per arrivare a una soluzione condivisa. Diversamente, si rischiano tempi lunghissimi, con il termine per i decreti attuativi fissato dal Parlamento a fine 2026, cioè a ridosso delle elezioni.

Ma chi si assumerà la responsabilità di una riforma tanto complessa, difficile, divisiva e politicamente scomoda? Il timore di scontentare una parte dell’elettorato è alto, soprattutto perché il Movimento 5 Stelle e una parte del Partito Democratico sono storicamente contrari. Inoltre, le politiche proibizionistiche sono spesso trasversali e alimentate da una scarsa conoscenza del settore.

Disinformazione, numeri errati e ignoranza politica

Uno dei problemi più gravi è la lettura distorta dei dati. Per esempio, si tende a citare la raccolta del gioco (circa 150 miliardi di euro nel 2024) per demonizzare il comparto, ignorando che 127 miliardi vengono restituiti ai giocatori, riducendo la spesa reale a 20,7 miliardi. Di questi:

  • 11,6 miliardi vanno all’Erario,
  • solo 9,1 miliardi restano alla filiera del gioco legale, che include grandi imprese, tabaccai e baristi, sostenendo oltre 150.000 famiglie.

Eppure, la politica continua ad aggredire il settore con numeri privi di fondamento, alimentando un vero e proprio terrorismo disinformativo, spesso non contrastato nemmeno dal centrodestra, che dovrebbe essere l'interlocutore privilegiato.

Gli Stati generali del gioco pubblico: grandi assenti e aspettative deluse

Chi ha partecipato ai recenti Stati Generali del gioco pubblico lo ha fatto con l’intento di capire se l’intergruppo parlamentare coinvolto potesse davvero incidere sul percorso della riforma. Purtroppo, l’assenza del Governo e dei grandi operatori ha reso il confronto sterile. La mancanza dell’interlocutore principale, l’Esecutivo, conferma un comportamento incomprensibile sul riordino del gioco pubblico.

Eppure, modelli virtuosi esistono, anche in Regioni a guida centrosinistra come Campania e Puglia, che potrebbero rappresentare un punto di partenza per un confronto costruttivo.

Numeri del comparto e concorrenza sleale

Secondo Unioncamere-InfoCamere, nel primo trimestre 2025 le imprese iscritte alla Camera di commercio e attive nel comparto giochi e scommesse sono 8.289. Un settore che, pur soggetto a regole stringenti e impegnato su temi come la formazione – basti pensare alla piattaforma interna per la gestione dei giocatori problematici attiva dal 2016 – soffre la concorrenza sleale dell’illegale e il peso di politiche inefficaci.

Le restrizioni orarie e le distanze dai luoghi sensibili non hanno ridotto la ludopatia, ma hanno favorito la crescita del gioco online e del gioco irregolare. Tra il 2019 e il 2024, la spesa complessiva per il gioco è aumentata di 2 miliardi di euro, ma:

  • il gioco fisico è calato di 1,2 miliardi,
  • il gioco online è cresciuto di 3,2 miliardi.

Questo ha generato minori entrate fiscali, minor tutela del giocatore e maggiore esposizione a rischi di criminalità.

Inoltre, le competenze sovrapposte tra Ministeri (Finanze, Interni, Salute) e tra Stato, Regioni, Province e Comuni rendono impossibile una governance unitaria. Un puzzle normativo difficile da comporre.

Gettito fiscale e destinazione sociale

Infine, resta aperta la questione della destinazione del gettito derivante dal gioco legale. Seguendo l’esempio di Spagna, Francia e Inghilterra, una parte delle entrate dovrebbe essere vincolata a scopi sociali e culturali, non confluire semplicemente nella fiscalità generale.

Un’altra proposta riguarda la compartecipazione degli enti locali alla distribuzione delle entrate. In base al principio di sussidiarietà, questa soluzione sarebbe giusta ed equilibrata, considerando il ruolo fondamentale che Comuni e Regioni svolgono nella gestione del territorio, nella prevenzione, nel controllo del gioco illegale e nella presa in carico della ludopatia.

www.riccardopedrizzi.it