Trump lancia dazi contro l’Europa, pressioni sulla Fed e fa schizzare i metalli. Tre fronti che agitano i mercati e accendono l’estate economica globale
di Luca Lippi
Un fine settimana di fuoco orchestrato da Donald Trump scuote le fondamenta dell'economia globale. L'offensiva si muove su tre fronti distinti ma collegati: una nuova ondata di dazi contro l'Europa, pressioni crescenti per forzare le dimissioni del capo della Fed Jerome Powell e, di conseguenza, una corsa febbrile degli investitori verso le materie prime. Ecco l'analisi di una tempesta perfetta.
L'ultimatum all'Europa
Trump è tornato alla sua arma preferita: i dazi. Con una serie di lettere ufficiali, ha messo nel mirino i Paesi che non hanno ancora siglato accordi commerciali bilaterali con gli USA. Il destinatario principale è l'Unione Europea, a cui è stato recapitato un ultimatum: dazi del 30 per cento su tutte le merci a partire dal primo agosto.
La mossa, anticipata sul social Truth, riaccende istantaneamente le tensioni commerciali. Trump ha già avvertito che, in caso di retaliation europea, è pronto a rincarare la dose. Tuttavia, da abile negoziatore, lascia una via d'uscita: i dazi potrebbero essere rivisti se l'UE "abbatterà le proprie barriere". È la classica tattica del bastone e della carota, studiata per mettere la controparte con le spalle al muro. Se in passato i mercati si erano "assuefatti" alle sparate di Trump, questa volta la minaccia è un po’ più “circostanziata”: una data precisa e una percentuale pesante. I listini europei, già più deboli di Wall Street nelle ultime sedute, sembrano prepararsi al peggio. È probabile che si assista a un'intensa bagarre diplomatica fino all'ultimo secondo, ma le prossime ore saranno decisive.
Scontro istituzionale con la Fed: Trump punta Powell
Ma l'offensiva di Trump non si limita ai confini esterni. La guerra più accesa è quella interna contro il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell. Per la Casa Bianca, la Fed è colpevole di non tagliare i tassi d'interesse, una decisione vista come un sabotaggio all'economia nazionale. Powell, però, non cede. Forte del suo doppio mandato – piena occupazione e stabilità dei prezzi – ribadisce che un taglio dei tassi avverrà solo se i dati dimostreranno un reale pericolo di recessione o un crollo dell'inflazione. Finché l'economia USA tiene, la sua linea non cambierà.
Di fronte a questo muro contro muro, e non potendo forzare la mano sui tassi, l'amministrazione Trump sta percorrendo una strada più insidiosa: trovare una "giusta causa" per rimuoverlo. Le indiscrezioni parlano di indagini sulla gestione della Fed, alla disperata ricerca di un appiglio legale. Powell resta l'unica, grande spina nel fianco del piano di Trump, e il tentativo di sostituirlo sarà uno dei temi più caldi dei prossimi mesi.
Materie prime in rally: boom di rame, argento e platino
In questo scenario di doppio scontro e massima incertezza, gli investitori non stanno a guardare. Mentre le Borse tentennano, un altro settore è in piena effervescenza: quello delle materie prime. Rame, argento e platino registrano un'impennata spettacolare, spinti da un mix esplosivo. Bisogno reale: la transizione energetica globale richiede quantità enormi di questi metalli, specialmente il rame, per auto elettriche, reti e rinnovabili. Effetto rarità: la domanda cresce molto più in fretta dell'offerta. Le miniere non riescono a tenere il passo, creando una carenza strutturale che spinge i prezzi al rialzo. Scommessa finanziaria: gli operatori più scaltri fiutano l'opportunità e acquistano massicciamente, scommettendo su futuri rialzi e amplificando il movimento.
Caos controllato e pressione sui mercati
Ci troviamo di fronte a una scacchiera globale mossa da un unico giocatore imprevedibile. Le minacce commerciali, lo scontro istituzionale e la febbre delle materie prime non sono eventi separati, ma tre facce della stessa medaglia: un'instabilità pilotata che terrà i mercati con il fiato sospeso per tutta l'estate.