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UNICREDIT: A BRUXELLES NASCE IL FFdE (figli e figliastri d'Europa)

 
UNICREDIT: A BRUXELLES NASCE IL FFdE (figli e figliastri d'Europa)

Bruxelles contesta il Golden Power italiano su Unicredit-BPM, ma tace su casi simili in Germania e Spagna. L’Europa usa due pesi e due misure?

di Luca Lippi

Quando si tratta di proteggere le proprie banche, le regole europee sembrano avere un'applicazione selettiva: durissime per l'Italia, flessibili per tutti gli altri. È questa la sintesi dello scontro infuocato tra Roma e Bruxelles sul tentato matrimonio tra Unicredit e Banco Bpm. Il governo italiano ha usato il suo "scudo" speciale, il Golden Power, per porre dei paletti all'operazione in nome della sicurezza nazionale. La reazione della Commissione Europea è stata durissima, minacciando di bocciare la decisione italiana. Eppure, questo rigore svanisce magicamente quando sono Spagna, Portogallo o Germania a bloccare operazioni simili per difendere i propri interessi. Una disparità di trattamento che solleva una domanda scomoda: perché l'Europa usa due pesi e due misure?

Roma attiva il Golden Power, Bruxelles risponde con un attacco durissimo

E in questo gioco, Unicredit potrebbe aver trovato a Bruxelles un alleato inaspettato per aggirare i vincoli italiani. Ma cosa è successo esattamente? Facciamo un passo indietro. Unicredit, uno dei colossi bancari italiani, aveva lanciato un'offerta per acquisire un'altra importante banca, il Banco Bpm. Un'operazione di questa portata, che ridisegna la mappa del credito in Italia, ha messo in allarme il governo. Per questo, l'esecutivo ha attivato il Golden Power. Si tratta di uno strumento che permette allo Stato di intervenire in operazioni di mercato (come fusioni e acquisizioni) che riguardano aziende considerate strategiche per il Paese, come quelle del settore energetico, delle comunicazioni e, appunto, bancario. Con questo "potere speciale", il governo non ha bloccato l'operazione, ma ha imposto delle condizioni precise per tutelare quella che definisce la "sicurezza economica nazionale". La logica del Ministro dell'Economia Giorgetti è chiara: "Le banche devono fare profitto, ma lo Stato deve garantire la sicurezza del sistema".

La lettera UE: 56 pagine per contestare l’Italia

La risposta di Bruxelles non si è fatta attendere. Dalla DG Comp, l'organo della Commissione che vigila sulla concorrenza, è partita una lettera di ben 56 pagine. Non una semplice richiesta di chiarimenti, ma un vero e proprio atto d'accusa. Secondo l'Europa, le condizioni poste dall'Italia violerebbero uno dei principi sacri dell'Unione: la libera circolazione dei capitali. In parole povere, Bruxelles accusa l'Italia di protezionismo e minaccia di cancellare il decreto italiano.

I precedenti ignorati: quando altri Paesi proteggono le loro banche

Ed è qui che la storia assume contorni paradossali. La puntigliosità con cui Bruxelles sta esaminando il caso italiano sembra svanire quando si attraversano le Alpi. Negli ultimi mesi, altri governi europei hanno fatto esattamente la stessa cosa, senza che nessuno a Bruxelles battesse ciglio.

Spagna: il governo di Madrid ha bloccato di fatto la fusione tra i giganti bancari BBVA e Sabadell, imponendo uno stop di tre anni. La motivazione? Proteggere il sistema nazionale. Reazione di Bruxelles? Silenzio assoluto. Portogallo: l'esecutivo di Lisbona si è opposto all'acquisto di Novo Banco da parte degli spagnoli di Caixa Bank. Perché avrebbe dato agli istituti spagnoli un controllo eccessivo del mercato portoghese. Reazione di Bruxelles? Nessuna. Germania: Il caso più clamoroso riguarda proprio Unicredit. Da tempo il governo tedesco ostacola apertamente le mire della banca italiana su Commerzbank, la seconda banca tedesca, invitandola a farsi da parte. Reazione di Bruxelles? Ancora una volta, il nulla.

Sembra che la "libera circolazione dei capitali" sia un dogma da difendere a spada tratta solo quando a essere "invasi" sono gli altri, ma diventi un dettaglio trascurabile quando sono Germania o Spagna a proteggere i propri campioni nazionali.

L’ambiguità di Unicredit: sponda europea per aggirare i vincoli?

In questo scontro, la posizione di Unicredit appare ambigua. La banca potrebbe aver trovato nell'intervento vdi Bruxelles una sponda perfetta per liberarsi dei paletti, pur legittimi, che il governo italiano le ha imposto per tutelare l'interesse nazionale. D'altronde, Unicredit ha già dimostrato di saper navigare tra le pressioni delle autorità per perseguire i propri interessi. Basti pensare al capitolo Russia: nonostante la guerra e le richieste della Banca Centrale Europea (BCE), Unicredit non solo non ha lasciato il mercato russo, ma ha addirittura incrementato il valore dei suoi investimenti nel Paese. Questo precedente suggerisce un'attitudine pragmatica, dove l'interesse dell'azienda viene prima di tutto. Non sorprenderebbe, quindi, se dietro le quinte Unicredit stesse collaborando con le istituzioni europee, fornendo argomenti per smontare il Golden Power italiano e avere finalmente mano libera.

Un doppio standard europeo: questione politica prima che economica

La vicenda Unicredit-Bpm va ben oltre una semplice operazione finanziaria. È diventata il simbolo di un'Europa che sembra agire con due logiche diverse, applicando le sue regole con una severità che riserva quasi esclusivamente all'Italia. Mentre altri Paesi difendono senza problemi i loro asset strategici, al nostro Paese viene contestato il diritto di fare lo stesso. La domanda finale resta sospesa, ed è profondamente politica: perché all'Italia non è concesso ciò che è permesso a tutti gli altri? La risposta a questa domanda definirà non solo il futuro delle nostre banche, ma anche la credibilità di un'Unione Europea che, ancora una volta, appare più attenta agli equilibri di potere che ai suoi stessi principi fondanti.