Il Budget Lab dell'Università di Yale stima che, al 28 luglio 2025, l'aliquota tariffaria media effettiva imposta dagli Stati Uniti sulle importazioni di merci fosse del 18,2%, il livello più alto dal 1934. Si tratta di un aumento significativo rispetto al 2,4% del 2024, prima del ritorno di Donald Trump alla presidenza.
Questo aumento vertiginoso ha generato entrate fiscali record per il governo federale. I dati ufficiali statunitensi mostrano che, nel solo mese di giugno 2025, le entrate tariffarie hanno toccato i 28 miliardi di dollari, il triplo rispetto ai livelli mensili del 2024.
Secondo il Congressional Budget Office (CBO), le nuove tariffe imposte tra il 6 gennaio e il 13 maggio 2025 contribuiranno a ridurre il debito pubblico cumulativo degli Stati Uniti di 2,5 trilioni di dollari entro il 2035. Tuttavia, il CBO sottolinea che le tariffe avranno anche un effetto negativo: ridurranno le dimensioni dell’economia americana rispetto allo scenario senza dazi.
Inoltre, lo stesso CBO prevede che le entrate generate dalle tariffe saranno più che compensate dalle perdite fiscali causate dai tagli alle tasse dell’amministrazione Trump nel prossimo decennio.
Una delle giustificazioni di Trump per i suoi dazi è quella di ridurre il deficit commerciale, frenando le importazioni e costringendo gli altri Paesi ad abbassare le barriere doganali contro i prodotti statunitensi. Tuttavia, fino a oggi, uno degli effetti principali della guerra commerciale di Trump è stato l'aumento delle importazioni.
Le aziende statunitensi, infatti, hanno accumulato scorte prima che le tariffe entrassero in vigore, cercando di evitare i costi aggiuntivi. Di contro, le esportazioni USA hanno mostrato solo lievi miglioramenti.
Il risultato netto? Il deficit commerciale delle merci si è ampliato, toccando il record storico di 162 miliardi di dollari nel marzo 2025, prima di scendere a 86 miliardi a giugno.
Gli economisti avvertono che, nonostante il calo temporaneo, l’effetto delle scorte svanirà, e che il deficit commerciale resterà elevato nel lungo periodo. Questo perché esso sarebbe alimentato da squilibri strutturali interni, come una spesa nazionale cronicamente superiore alla produzione, piuttosto che da concorrenza sleale estera.
Intanto, negli Stati Uniti, i prezzi al consumo iniziano a mostrare segni di aumento, confermando le previsioni di inflazione. Il tasso ufficiale di inflazione per giugno 2025 è stato del 2,7%, in lieve crescita rispetto al 2,4% di maggio, ma ancora inferiore al 3% registrato a gennaio.
L’accumulo di scorte nella prima metà dell’anno aveva permesso ai rivenditori di evitare rincari immediati, ma gli ultimi dati mostrano che i dazi di Trump stanno iniziando a trasmettersi ai prezzi al consumo.
Tra i beni che hanno registrato aumenti di prezzo figurano grandi elettrodomestici, computer, attrezzature sportive, libri e giocattoli.