Con l'arrivo dell'autunno, come ogni anno, il Governo è al lavoro sulla manovra finanziaria, il documento che definisce come verranno spesi i soldi pubblici nel prossimo futuro. L'Italia, sotto l'occhio attento dell'Europa, deve rispettare l'obiettivo di mantenere il deficit (cioè il "rosso" nei conti dello Stato) sotto il 3 per cento del Prodotto Interno Lordo (PIL). Un traguardo che stiamo già avvicinando e che ci ha fatto guadagnare la fiducia dei mercati internazionali.
LE PRIORITÀ DEL GOVERNO
Il Governo ha le idee chiare su alcuni punti chiave: Taglio delle tasse (Irpef) per il ceto medio e "rottamazione" delle cartelle esattoriali, per aiutare chi ha vecchi debiti con lo Stato. Inoltre una parte delle provviste dovranno essere destinate agli incentivi alla natalità e alla sicurezza.
Tutte proposte importanti, ma sembra mancare un tassello fondamentale: un piano concreto per sostenere le imprese.
L'ALLARME DEL MONDO PRODUTTIVO
In un contesto globale complicato, tra i dazi commerciali e la necessità di investire in nuove tecnologie e formazione, le aziende italiane, sia quelle che producono beni (manifatturiere) sia quelle che offrono servizi, hanno un disperato bisogno di supporto.
Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha lanciato un appello forte e chiaro: le imprese devono tornare al centro dell'agenda politica. Servono aiuti finanziari, politiche per l'occupazione e incentivi per modernizzarsi e rimanere competitive. Purtroppo, dalle prime indiscrezioni sulla manovra, non sembra esserci traccia di misure significative per le aziende. Questo è preoccupante, specialmente considerando che il settore manifatturiero è in calo da oltre due anni e anche le esportazioni sono in affanno. Trovare i molti miliardi necessari per un grande piano industriale quinquennale è difficile, ma è l'unica via per innescare una vera ripresa economica.
TASSARE LE BANCHE O AIUTARE LE IMPRESE? UNA PROPOSTA ALTERNATIVA
Una delle idee del Governo è quella di tassare i cosiddetti "extraprofitti" delle banche. Ma c'è un'alternativa che potrebbe rivelarsi più efficace per l'economia reale. Invece di chiedere alle banche 2 miliardi di euro a fondo perduto, si potrebbe creare una linea di credito speciale per le piccole e medie imprese (PMI). In pratica, le banche potrebbero offrire prestiti a "spread zero", cioè al puro costo del denaro stabilito dalla Banca Centrale Europea (BCE), senza guadagnarci sopra.
Questo meccanismo, anziché usare le banche come un "bancomat" per lo Stato, trasformerebbe i loro ottimi risultati in un motore per l'economia. Quei 2 miliardi diventerebbero un potente stimolo per nuovi investimenti, aiutando le piccole imprese a crescere, innovare e creare occupazione. Oggi, molte di queste aziende sono in difficoltà, schiacciate dai grandi clienti (spesso stranieri) che impongono prezzi sempre più bassi, riducendo i loro margini di guadagno.
LA SFIDA PER IL FUTURO DELL’ECONOMIA ITALIANA
Senza un sistema produttivo forte, basato sulle PMI, l'Italia rischia una progressiva deindustrializzazione. Dopo aver perso i giganti industriali del passato, ora rischiamo di veder sparire anche le piccole e medie eccellenze che formano la spina dorsale del nostro Paese. Le banche hanno fatto un grande lavoro per risanare i loro bilanci e ora concedono più credito di prima alle piccole imprese, ma senza investimenti massicci in innovazione, il divario con i concorrenti internazionali diventerà incolmabile.
Sostenere questi investimenti vale molto di più per il futuro dell'Italia di una semplice tassa sugli extraprofitti.