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Tumore al pancreas: il ruolo della prevenzione e della ricerca

 
Tumore al pancreas: il ruolo della prevenzione e della ricerca
di Marialuisa Roscino

Intervista esclusiva con il Dirigente Medico Oncologo del Policlinico Umberto I di Roma: tra diagnosi precoce, stili di vita e nuove frontiere terapeutiche

Il ruolo della prevenzione e della ricerca nel tumore al pancreas

Il ruolo della prevenzione e della ricerca nel tumore al pancreas è fondamentale, soprattutto perché questa neoplasia è spesso diagnosticata in fase avanzata. L’obiettivo primario in entrambi gli ambiti è quello di migliorare significativamente la prognosi.

I progressi della ricerca offrono in particolare una grande speranza per il futuro, orientandosi verso una medicina personalizzata, che integra diagnosi precoce, chirurgia, chemioterapia e nuove terapie biologiche.

Qual è l’importanza di un approccio multidisciplinare nella gestione di questa complessa patologia? Quanto contano prevenzione, alimentazione e stile di vita? Di questo e molto altro, ne parliamo con il Prof. Vincenzo Bianco, Dirigente Medico Oncologo del Policlinico Umberto I di Roma e Co-Direttore del Dipartimento di Oncologia – Consorzio Universitario Humanitas di Roma.

Incidenza e mortalità del tumore al pancreas in Italia

“In Italia, attualmente assistiamo ad oltre 15.000 nuove diagnosi (maschi = 6900; femmine = 8100) di carcinoma del pancreas”, spiega il Prof. Bianco.

A dimostrarlo sono i dati AIRTUM (Associazione Italiana dei Registri Tumori). L’incidenza è in crescita in entrambi i sessi.
Nel 2023, sono stati stimati 14.900 decessi (uomini = 7000; donne = 7900). Il carcinoma del pancreas resta una delle neoplasie a prognosi più infausta, con una sopravvivenza a 5 anni dell’11% negli uomini e del 12% nelle donne.

Fattori di rischio e cause principali

Il fumo di sigaretta è il principale fattore di rischio associato all’insorgenza del cancro del pancreas.

“I fumatori presentano un rischio di incidenza da doppio a triplo rispetto ai non fumatori”, sottolinea Bianco.

Altri fattori includono:

  • obesità e ridotta attività fisica

  • dieta ricca di grassi saturi e povera di frutta e verdura

  • abuso di alcol

  • familiarità genetica (mutazioni nei geni BRCA1, BRCA2, PALB2, ATM e altri)

Fino al 10% dei pazienti presenta una storia familiare significativa.

Diagnosi precoce: una sfida ancora aperta

“La diagnosi precoce aumenta i tassi di sopravvivenza e migliora la qualità della vita, ma è estremamente difficile da ottenere”, afferma Bianco.

La neoplasia viene spesso scoperta in fase metastatica. Tuttavia, per i soggetti ad alto rischio, lo screening mirato può essere decisivo.

Categorie da monitorare:

  • Pazienti con sindrome di Peutz-Jeghers (PJS)

  • Persone con pancreatite familiare cronica

  • Soggetti con sindrome di Lynch

  • Portatori di mutazioni CDKN2A, BRCA1/2, PALB2, ATM

Le nuove frontiere della ricerca

Le analisi istopatologiche mostrano il legame tra adenocarcinoma e alterazioni genetiche.

“Quando possibile, si ricorre alla target therapy, colpendo direttamente le cellule tumorali”, spiega il Prof. Bianco.

Tra le terapie più innovative:

  • PAXG e irinotecano liposomiale pegilato basati su nanotecnologie

  • Immunoterapia con cellule CAR-T, una frontiera promettente per l’adenocarcinoma pancreatico

L’approccio multidisciplinare

“Un team multidisciplinare è cruciale per l’ottimizzazione della gestione dei pazienti oncologici.”

Il gruppo ideale comprende gastroenterologi, chirurghi, radiologi, oncologi, radioterapisti, genetisti medici, anatomopatologi e palliativisti.

Prevenzione e stili di vita

La prevenzione resta la strategia più efficace:

“Attraverso misure preventive, si potrebbero salvare fino al 30% dei pazienti”, sottolinea Bianco.

Consigli fondamentali:

  • Alimentazione equilibrata e ricca di vegetali

  • Attività fisica moderata e costante

  • Stop al fumo

  • Moderazione nel consumo di alcol

  • Controlli regolari per chi presenta fattori di rischio

Ricerca e speranza per il futuro

Le terapie mirate, come le terapie a bersaglio molecolare, rappresentano la speranza più concreta.
Nuove strategie, come la letalità sintetica, puntano a sfruttare le alterazioni genetiche per migliorare l’efficacia dei trattamenti.

“La ricerca mira a personalizzare sempre di più le cure, migliorando la diagnosi precoce e la sopravvivenza dei pazienti,” conclude Bianco.