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“Chi sa solo di cyber non sa nulla di cyber”, perché la sicurezza informatica oggi richiede una visione da CEO

 
“Chi sa solo di cyber non sa nulla di cyber”, perché la sicurezza informatica oggi richiede una visione da CEO
di Alessandro Geraldi*

Nel nuovo scenario digitale la cybersecurity non è più solo una questione tecnica: serve una leadership strategica capace di unire tecnologia, governance e cultura aziendale.

Negli ultimi anni, l’Italia ha compiuto progressi significativi nel campo della sicurezza informatica. La consapevolezza del rischio cyber è in costante crescita e gli investimenti nel settore continuano ad aumentare: nel 2024 sono stati superati i 2,4 miliardi di euro di spesa nella cybersecurity, con previsioni di crescita a due cifre nei prossimi anni. Un segnale incoraggiante che dimostra l’attenzione crescente delle imprese.

Parallelamente, però, gli attacchi informatici stanno evolvendo: da semplici minacce ai dati a shock operativi in grado di paralizzare intere organizzazioni. Le aziende subiscono fermi produttivi e perdite economiche rilevanti.
È il caso di Asahi, produttore di birra, dove un attacco cyber ha bloccato stabilimenti, call center e spedizioni. Analogo l’episodio che ha colpito Jaguar Land Rover, costretta a sospendere la produzione, con perdite stimate in 50 milioni di sterline a settimana. Anche le catene britanniche Co-op e Marks & Spencer sono state vittime di attacchi nella scorsa primavera.

Il rischio cyber incide oggi direttamente su continuità operativa, reputazione e competitività aziendale.

Cybersecurity come sicurezza nazionale

Proteggere le infrastrutture digitali e rafforzare la resilienza tecnologica non è solo un compito aziendale, ma un pilastro della sicurezza nazionale.
Dietro molti attacchi si cela una vera e propria industria criminale, spesso sostenuta da governi.
Manipolare o bloccare infrastrutture e catene produttive è diventato uno strumento di pressione geopolitica, al pari delle sanzioni economiche o dei controlli sull’export tecnologico.

La cybersecurity è quindi un fattore strategico che riguarda la competitività delle imprese e la tenuta del sistema Paese.
Ogni CEO deve chiedersi: come tradurre questa consapevolezza in azioni concrete?

Dalla spesa alla governance: la visione strategica della sicurezza

Aumentare il budget dedicato alla sicurezza è necessario, soprattutto perché per gli attaccanti è sempre più economico e semplice colpire.
Le nuove tecnologie, in particolare l’intelligenza artificiale, amplificano la capacità offensiva: quando attaccare costa meno che difendersi, cresce l’incentivo ad attaccare.

Oltre agli investimenti, serve però un nuovo sistema di governance della sicurezza informatica.
La sicurezza non può più essere delegata ai tecnici, ma deve diventare una disciplina integrata:
risk management, visione di business, gestione dei talenti e tecnologia devono convergere in una strategia unica.

Il ruolo del CISO (Chief Information Security Officer) deve evolversi: da figura tecnica con budget limitato a executive strategico, con autonomia decisionale, risorse adeguate e dialogo diretto con il board.
In altre parole, un “CEO parallelo” della resilienza aziendale.

Competenze ibride e cultura organizzativa

Le competenze della cybersecurity del futuro saranno sempre più ibride.
Come ricorda José Mourinho:

“Chi sa solo di calcio non sa nulla di calcio.”

Allo stesso modo, chi sa solo di tecnologia non sa nulla di cybersecurity.
Servono figure capaci di unire tecnologia, analisi dei dati, processi aziendali e gestione del rischio.

La formazione è l’altro pilastro della difesa.
La maggior parte delle vulnerabilità nasce da comportamenti individuali: fretta, superficialità e mancanza di consapevolezza.
Per questo è cruciale coinvolgere tutte le risorse aziendali, investendo in formazione continua, cultura organizzativa e gestione del cambiamento.

Dipendenti consapevoli diventano non solo più resilienti in azienda, ma anche cittadini digitali più sicuri nella vita privata.
Non si tratta solo di un training tecnico, ma di un vero cambiamento culturale, volto a sviluppare pensiero critico, consapevolezza e visione di lungo periodo.

Italia e sovranità tecnologica: un’urgenza strategica

Parlando con i vertici aziendali, è evidente come l’Italia stia comprendendo l’urgenza di rafforzare le proprie infrastrutture digitali e di costruire una sovranità tecnologica più solida.
Un segnale incoraggiante, ma la posta in gioco è alta: la rapidità degli attacchi e le incertezze geopolitiche impongono decisioni rapide e investimenti strutturali.

La cybersecurity deve diventare una priorità assoluta, una condizione abilitante per competitività, stabilità e sovranità digitale del Paese.
Per gli imprenditori significa assumersi la responsabilità di guidare il cambiamento, investendo in nuove competenze e scegliendo partner tecnologici nazionali in grado di rafforzare l’intero sistema Italia.

Conclusione

La frase “chi sa solo di cyber non sa nulla di cyber” racchiude una verità fondamentale:
la sicurezza informatica oggi è una questione di leadership, cultura e strategia, non solo di tecnologia.
Serve una visione da CEO, capace di trasformare la complessità in azione, per proteggere non solo le aziende, ma la sovranità digitale del Paese.

*Group CEO di Impresoft